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venerdì 6 dicembre 2013

La scuola si rinnova

Finalmente una buona notizia! Un sollievo in mezzo alla tempesta della crisi, quasi un motivo di speranza. Secondo le rilevazioni pubblicate dall’Ocse, i quindicenni italiani migliorano a scuola, o forse, invertendo soggetto e oggetto, la scuola italiana migliora agli occhi di quel mondo che prende come oro colato ogni statistica redatta dalla sempiterna Ocse.
Le stime di tale progresso (rispetto ad una precedente rilevazione del 2003) attestano un miglioramento del 18% in scienze e del 20% in matematica, pur ammettendo che il valore del punteggio (485) rimane comunque largamente al di sotto della media.

In realtà quei dati ci dicono semplicemente che gli studenti stanno prendendo mano a mano confidenza e dimestichezza con i quiz dell’Invalsi, la principale variabile che attesta le stime di quel presunto miglioramento. Svezzati dalle parole crociate e cullati dal sudoku, i bravi e ordinati anglofoni, assieme ai loro parenti minori del nord Europa, hanno trovato che la discriminante più significativa, per valutare la bontà dell’insegnamento, fosse, coerentemente col proprio credo che vuol piegare ogni cosa alla misurazione quantificabile, il quiz. E così, togliendo tempo all’esercizio autonomo della critica, a scuola si organizzano quizzate di continuo per diventare specialisti dell’Invalsi. 
La reiterazione del nulla quale nuova modalità del bravo studente, l’alunno 2.0!


test invalsi

Non solo la nozione tout court, ma anche la capacità di ragionamento scompare di fronte al quiz, la praticità sembra così assumere, calvinisticamente, la parte del leone: più ne fai e più migliori il rendimento. E dunque, secondo l’autorevole parere degl’“illuministi” dell’Ocse, l’essenzialità per una scuola “di qualità” non abita più nell’apprendimento e nella rielaborazione (competenze e abilità), bensì nell’ossessivo addestramento dell’inerme studente che dovrà, di rimando, rispondere a comando ad una sollecitazione, quella dei “giochi a premi” che ne mortificano l’intelligenza.

Per la verità i test Invalsi non fanno altro che applicare quella logica moderna, che da Galileo in poi, ha avvertito il bisogno di quantificare ciò che non si lascia imprigionare in uno schema razionale, per paura di dover guardare in faccia quell’irriducibile soggettività che di continuo sfugge ai loro esperimenti e alle loro convenzioni. L’autoreferenzialità logica che da sempre pervade coloro che hanno voluto trovare la quadratura del cerchio: porre un principio arbitrario per far tornare infine i conti.
Imprigionare il soggetto in un sistema statico al fine di poterlo prevedere e controllare, in modo tale da renderlo infine innocuo e addomesticabile, sono queste in fondo le uniche giustificazione che spingono il modello Invalsi verso una scuola sempre migliore?

Una scuola votata all’allevamento di soldatini addestrati ad obbedire acriticamente a degli ordini, lacchè incapaci di preferenze, che li vuole strumenti funzionali, ma solo al meccanismo produttivo.
Una bella ironia se pensiamo che il termine skolé, che i latini traducevano con la parola otium, alludeva a tutto ciò per cui mancava una costrizione. Ma oggi anche la scuola è cambiata, si è evoluta ad istituto per “ultimi uomini” e futuri lavoratori ammaestrati. Una scuola che funzioni e che si rispetti, oggi, è infatti disposta a tutto pur di farsi una bella reputazione, rendendosi così appetibile agli occhi della clientela, e magari anche a qualche sovvenzione al merito.
Di un’altra cosa poi, c’informa nuovamente l’Ocse: l’Italia primeggia sugli altri paesi per la predisposizione a marinare la scuolaVista la nuova istruzione “invalsa”, non sarà forse che i nostri studenti siano invece più svegli degli altri?
Lasciando le stronzate a chi ha voluto sostantivarle in realtà, hanno forse preferito dedicare più tempo a sé stessi...

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