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giovedì 12 marzo 2015

Moralisti a stelle e strisce

Spendere è molto più americano di pensare
Andy Warhol 

La morale a stelle e strisce pare rifarsi a rigidi schemi di comportamento. D’accordo col calvinismo da cui hanno sviluppato il loro inscalfibile imperio, sembrano aver conservato ancora oggi il loro fondamentalismo democratico.
Una democrazia talmente infallibile e sicura, quella statunitense, da mettere a fondamento dei diritti di ognuno il credo nell’autodifesa violenta (così è meglio che anche Dio ci pensi bene prima di cambiare eventualmente il proprio popolo prediletto. Chissà, è forse in questa corsa alle garanzie se, in tema di popolo prescelto, i puritani hanno ben pensato di ospitare la comunità ebraica più potente e numerosa).

Alexis de Tocqueville ne descrive puntigliosamente il carattere originario: “la pigrizia e l’ubriachezza vi sono severamente punite (…) proibisce l’uso del tabacco (…) costringe ad assistere al servizio divino (…) la frusta punisce la menzogna quando può nuocere (…) nel 1649 si formò a Boston una associazione solenne avente per scopo di prevenire il lusso mondano dei capelli lunghi”. E dire che Gesù era un capellone, come prova incontrovertibilmente Jesus Christ Superstar! 
Allo stesso modo di quel manifesto contemporaneo d’ipocrisie in salsa yankee che è American beauty, questi bacchettoni puritani sembrano professare una morale pubblica, che impongono agli altri e s’indignano se non viene rispettata, ma poi la tradiscono facilmente appena si rifugiano nell’invisibilità "mondante" del privato. 

moralità negli USA

Anche a causa di questa doppiezza morale, negli Stati Uniti ci s’indigna furentemente per il tradimento extraconiugale di Clinton (il caso Lewinsky la dice lunga anche sulla memoria storica dell'opinione pubblica americana: a Clinton è bastato chiedere scusa e riconoscere la propria debolezza per essere immediatamente riabilitato, non solo come Presidente, ma pure come grande statista), ma poi le sozzerie commesse dall’american way of life in giro per il mondo non sortiscono nessuno sdegno.
Armare l’Isis in funzione anti-Assad, armare Saddam in funzione antikhomeinista, armare l’Iran in funzione anti-Isis, supportare al Qaeda contro i sovietici, inventare di sana pianta la balla delle armi di sterminio di massa per giustificare una nuova guerra economica… ma che importa in fondo delle questioni morali, se poi la ragion di Stato, o pubblica, o magari esclusivamente mondana, soverchiano immancabilmente qualsiasi morale individuale? 

Gli americani, in fondo, sono così. Non sono per nulla morali, se non di quella moralità spicciola, che si interseca in un abbraccio mortale con la praticità e l'empirismo più "terra terra". La morale a stelle e strisce valuta positivamente solo ciò che è utile e dà successo
Per questo hanno ideato il cinema hollywoodiano e il colossal. Per ritemprare l'idea di grandezza americana e per sublimare al contempo i loro scrupoli morali. E' il loro lenitivo pratico e assieme la più compiuta manifestazione della sedicente grandeur da cui si sentono, divinamente, investiti. Eastwood diventa, alla bisogna, anche psicanalista! 

E così, pare che allo statunitense serva la reiterata ostentazione delle proprie vergogne e dei propri insuccessi (schiavismo, indiani, Vietnam, atomiche, ecc...), quale effetto sublimante e catartico attraverso cui, ormai, possono dire moralmente di sentirsi persino indianianche se, in realtà, gl’indiani non ci sono più, decimati proprio da quella morale “democratica”, da “primi della classe”, che ancora vorrebbero applicare a tutto il mondo (Nixon fa il filosofo e condensa didascalicamente l'americanismo di cui fu portatore ed exemplum: "è' importante per me costruire una immagine da vincente. Pertanto mi toccherà battere qualcuno").
Beati quindi i primi, che non potranno che calpestare gli ultimi, ma calpestandoli si commuoveranno, e dimostreranno così al mondo intero quanta ragione ha avuto Dio a mantenerli primi e vincenti.

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