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martedì 21 aprile 2015

Nuove regole per andare in pensione: vivere male per morire peggio

L’età pensionabile, dopo l’ormai celebre riforma Fornero, si alza di nuovo. Sale di poco, giusto 4 mesi, grazie all’adeguamento dei requisiti previdenziali all’aspettativa media di vita introdotto da una legge del 2010 che avrà cadenza triennale (Governo Berlusconi). Nel buio periodo medievale, ovviamente, non c’erano assicurazioni, né tantomeno quelle pensioni oggi tanto “care” alle sempre più smunte casse dell’INPS.
L’aspettativa di vita era minore di quella che possiamo vantare noi oggi, ad ogni modo, laddove non vi era una pensione, c’era invece una comunità. Una comunità che non considerava i “vecchi” dei consumatori difettosi o dei reietti, bensì dei saggi, utili ed indispensabili figure per quel focolare che era la famiglia patriarcale premoderna (il capitalismo, in realtà, è molto democratico anche in questo, per cui anche gli anziani sono stati finalmente tar-ghettizzati nei loro bisogni sempre più giovanilistici. Si sono infatti inventate nuove necessità al solo fine di poterle poi soddisfare e monetizzare attraverso merci e pacchetti pensati apposta per il nuovo range di mercato che "ha le rughe"). 
inps pensioni

La storia del “welfare state” ha infatti origini recenti, se non addirittura recentissime: il primo sistema pensionistico di stampo moderno venne infatti introdotto solo nel 1889 in Germania da von Bismarck. L’Italia arriva, come spesso accade, con un pizzico di ritardo: il 1898. Mentre non vi arriva affatto il più democratico tra i paesi democratici: negli Stati Uniti il Governo Federale assicura le pensioni dei soli dipendenti pubblici - quale datore di lavoro tra datori di lavoro -, tutti gli altri, infatti, si arrangiano alla bisogna, con assicurazioni private e fondi pensionistici (risale solo al 1974 una legge che prescrive i requisiti minimi. In tal senso, le Poor Laws introdotte nel 1536 dalla Regina Elisabetta I sembrano quasi più “moderne” del welfare state americano). Tuttavia, lo spunto sull’ulteriore innalzamento dell’età pensionabile non ci mostra solo la differenza tra il prestare assistenza e il prendersi cura delle persone, del “prossimo tuo”, tanto per usare un’espressione cara a quei cristiani che si dicono perfetti, fino a quando non viene toccata la sacralità infallibile del “dio denaro”. Il continuo e progressivo innalzamento dell’età pensionabile ci mette soprattutto di fronte ad un aut aut esistenziale.

Dal momento che le vaticinazioni dei biologi e degli antropologi prevedono un innalzamento continuo dell’aspettativa di vita (l’antropologo Cadell Last stima un aumento fino a raggiungere mediamente i 120 anni di vita), dovremmo presto tutti scegliere quanto valga la nostra esistenza. 
E se la pensione valga una vita in cui ci si è ammazzati di lavoro. Perché se l’aspettativa di vita si alza, si riduce paradossalmente proprio il tempo per vivere…

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