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mercoledì 15 giugno 2016

Tusk, Spengler e il tramonto dell'occidente

Il Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk dimostra di non avere le idee chiare, ma ciononostante pontifica con la strabica protervia di un maggiordomo dell’inedia civile. Tusk non si limita a fare il Ministro del Terrore e a spargere, come semi di piante infestanti, minacce ed intimidazioni a destra e a manca. In palese disaccordo col proprio ruolo di garante istituzionale e persino coi propri studi di storico, il prussiano Tusk finisce inesorabilmente anche per farci la solita figura barbina. Opportunamente sollecitato ad esporsi sullo spauracchio che fa tremare la tecnocrazia degli imparruccati euro-fideisti, perde nuovamente la più classica occasione per tacere: “da storico temo che una Brexit possa condurre non solo alla distruzione dell'Ue, ma anche della civiltà occidentale”.

Parole in libertà, irresponsabili, grevi, che nascondono tuttavia, nemmeno troppo velatamente, la presunzione di chi, potendo trafficare col potere, sversa terrore come la metafora di un liquame decollante. E poco importa all’”incadregato” Tusk se ci stiamo già ficcando, col tonto ottimismo di Candide, in quelle sabbie mobili, in quei liquami mesciati dai gioghi soffocanti della turbo-burocrazia e dai lacci dei Trattati mercantili.
Tusk non può infatti saperlo, ma è proprio la cricca di Bruxelles che sta dando un contributo fondamentale alla “distruzione definitiva della civiltà occidentale”, e non invece, come le suorine della nomenklatura sospettano, le scelte referendarie dei cittadini britannici a cui le previsioni di qualche analista economico stanno inoculando panico e paura. Una distruzione lenta, progressiva e progressista, avanzante nella costante consunzione malgrado i goffi tentativi di “parare il colpo”. Ma di quale presunta “civiltà” parla Tusk, dato che, sprizzando civismo da tutti i pori, sembra suggerire il coatto controllo sovrastrutturale dell’ecumene?

crisi civiltà occidentale

Se infatti il disfacimento della civiltà su cui Tusk vaneggia fosse riferito alla civiltà (zivilisation) di cui narra l’ideologo Spengler nel suo Il Tramonto dell’occidente, dovremmo persino rallegrarci di tale perdita. Inutile dire che l’allegria storica di Tusk non può ovviamente comprenderne le significazioni, ma se la distruzione riguardasse proprio quella sedicente civiltà che ha sostituito alla qualità il principio dell'algida quantificazione; che ha imposto il dominio dell’oggettivante res extensa favorendo il primato dell'economia sulla politica; che ha rimpiazzato l’artigianato premoderno dell’homo faber con la tecnica invasiva della produzione di massa, preferendo la mondializzazione "democratizzante" dei gusti e dei costumi che ha travolto le identità specifiche e le differenze, forse dovremmo appunto augurarci che questa "libera" civiltà in vitro venga velocemente spazzata via assieme al suo codazzo d’incravattati sostenitori.

Quando diventa smaccatamente palese che la civile Unione Europea si regge primariamente su fondamenti totalitari e dispotici, come ammise candidamente anche Barroso qualche tempo fa: “l’Unione Europea funziona solo perché non è democratica”, è giusto armarsi di quell'evidenza per tifare strenuamente a favore dell’"apocalittica" Brexit e del tramonto dell'orizzonte UE. 
Perché se è davvero questa la visione della nuova Europa-erasmus dei popoli, era meglio l’ancien régime dell’atomizzazione feudale, della chambre introuvable, della società tripartita e dei reami litigiosi.   

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