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mercoledì 5 aprile 2017

Istat e disoccupazione: le solite fregnacce

Le furiose Erinni, come nella miglior tradizione eschilea, si trasformano in Eumenidi: “chi, sventurato, sei tu, che a questa misera parli sí vere cose”?
Per chi non appartiene alla categoria dei cronici disfattisti e dei gufi portasfiga, che si rallegrano persino dei pessimi risultati ottenuti dal figlio a scuola, oggi dovrebbe essere un giorno di festa.
La fotografia dell’Istat mostra che la disoccupazione cala al 11,5% e persino quella giovanile è ai minimi dal 2012 (salvo affermare poi, il giorno seguente, che crescono i lavoratori a termine e sono in calo i permanenti, rovinando così la festa appena organizzata).

Visto così, nella sua lineare sciattaggine, il dato dovrebbe richiamare il gusto zuccherino di una pralina che ci invita, nel giubilo più sguaiato, a riversare orde di baccanti nelle strade per stappare una bottiglia di vino buono. Ma sull’ambiguità del dato e dei datoglioni che ancora ci credono, abbiamo detto qualcosa di vagamente definitivo qui e qui.
Stavolta, invece, tra i tappeti di coriandoli e i tappi di sughero, poniamo una questione che, pur sposandosi con le evidenze scientifiche, manifesta parimenti l’assennato esercizio del semplice buon senso.
Cosa succede se, paradossalmente, cala la disoccupazione ma aumentano gli inattivi?
Elementare Watson!
Partiamo da una considerazione semplice: il dato sulla disoccupazione si calcola dividendo le persone in cerca di occupazione per la forza lavoro.
Cosa accadrà, quindi, se diminuisce la forza lavoro?
Est modus in rebus: se travaso i disoccupati negli inattivi, il risultato sulla disoccupazione migliora all’aumentare degli inattivi!
E cosa succederà poi, se l’Istat considera occupati anche coloro che lavorano un’ora alla settimana? Che il jobs act diventa un successone planetario (in realtà, neanche così riescono a fargli fare una bella figura…).
Il segreto del libro scritto in caratteri matematici? Imbrogliamo un po’, di tanto in tanto; giochiamo coi numeri e col dominus dell’epistemologia che oggettiva le cose per renderle infine scientifiche, ma legalmente, visto che abbiamo cambiato a monte i parametri di valutazione (o li aggiustiamo fantasiosamente, vedi qui)


Cui prodest?
Forse il "baro" è proprio il Governo, stabilito che si giova dei risultati ottenuti manomettendo ex lege il dato dell’inoccupazione? E chi è, poi, che nomina il Presidente dell’Ente pubblico Istat?
“Chissenefrega!” Latrano in coro il menefreghista de-pensierizzato e la beata ignoranza armata del laboratores medioman.
D’altronde, gl’inoccupati sono solo fannulloni senza rappresentanze ai piani alti, parassiti e lavativi a carico della comunità e dei lavoratori con le maniche rimboccate a festa.
In fondo, è inutile nascondere la polvere sotto il tappeto, ché “mascherare” i dati alla bisogna va bene un po’ a tutti: dal “buon governo” che vuole fare un figurone nei sondaggi elettorali al cittadino-activia dall'intestino irritabile

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